Infettobesità: Le infezioni possono causare l’obesità?
L’infettobesità è una teoria che suggerisce che l’obesità e l’aumento di peso possano avere un’origine infettiva. Questo concetto si riferisce anche a un crescente ambito di ricerca che esplora le possibili connessioni tra agenti patogeni e aumento di peso. Dal punto di vista medico, l’obesità non è solo una questione estetica: è una condizione che aumenta il rischio di diabete, pressione alta e molti altri problemi di salute. Gli esperti sperano che i progressi nella ricerca sull’infettobesità possano contribuire a contrastare l’epidemia di obesità.
La teoria dell’infettobesità
Il termine “infettobesità” è stato coniato dal dottor Nikhil Dhurandhar, presidente del dipartimento di nutrizione presso la Texas Tech University. Durante i suoi studi sugli adenovirus, Dhurandhar ha pubblicato dettagli su un adenovirus che favorisce la proliferazione delle cellule adipose negli animali e la sua connessione con l’obesità umana. Nel corso degli anni, diversi studi hanno trovato ulteriori collegamenti tra virus o batteri e l’aumento di peso. L’incremento dei tassi di obesità a livello globale ha spinto i medici a cercare nuovi metodi per prevenire e gestire questa condizione, portando a un crescente interesse per l’infettobesità.
Batteri e obesità
Un aspetto centrale della ricerca sull’infettobesità è la connessione tra obesità e batteri. La flora intestinale, ovvero i microrganismi presenti nel tratto digestivo umano, varia significativamente tra individui magri e obesi. Non è ancora chiaro se l’obesità sia la causa o la conseguenza di queste differenze. Un articolo del 2008 suggerisce che i batteri intestinali influenzano i processi energetici e le variazioni di peso corporeo. È necessaria più ricerca per determinare l’entità dell’impatto dei batteri intestinali sull’obesità. In futuro, trattamenti che modifichino la flora intestinale potrebbero aiutare a controllare il peso.
Acidi grassi a catena corta
Un possibile meccanismo attraverso cui i batteri intestinali potrebbero influenzare l’obesità coinvolge la produzione di acidi grassi a catena corta. Il corpo umano non è in grado di digerire alcune fibre alimentari, ma i batteri intestinali le fermentano, dando origine ad acidi grassi a catena corta, elementi che il nostro organismo può usare come fonte di energia. Ricerca sui roditori indica che livelli specifici di questi acidi grassi possono influenzare gli ormoni intestinali, influendo su appetito, tolleranza al glucosio, resistenza all’insulina, infiammazione intestinale e metabolismo dei lipidi. In sostanza, gli acidi grassi a catena corta potrebbero svolgere un ruolo cruciale nell’aumento di peso e nel diabete di tipo 2 legati all’obesità.
Virus e obesità
Numerosi studi hanno esplorato il collegamento tra diversi virus e l’obesità negli esseri umani e in altri animali. Vari virus animali e diversi adenovirus umani sono stati associati all’obesità. Anche se alcuni di questi virus non infettano gli esseri umani, comprendere come influenzano l’obesità nei mammiferi potrebbe aiutarci a capire meglio l’aumento di peso umano attraverso vie virali.
Virus del cimurro canino
Il primo virus scoperto che provoca l’obesità nei topi è stato il virus del cimurro canino, noto per causare una malattia altamente contagiosa tra cani domestici e selvatici. Questo virus colpisce il tratto gastrointestinale e respiratorio, oltre al cervello e il midollo spinale. Nei test sui topi, gli scienziati hanno osservato che il virus del cimurro canino provoca obesità colpendo il sistema nervoso centrale e il midollo spinale, favorendo la creazione di numerose cellule adipose di grandi dimensioni. Sebbene non vi siano prove di infezioni umane da questo virus, esso è simile al virus del morbillo umano.
Virus associato a Rous
Un virus particolarmente interessante per quanto riguarda l’infettobesità è il virus associato a Rous di tipo 7, che provoca obesità nei polli. Questi polli, pur mangiando quanto quelli sani, sviluppavano obesità, fegato ingrossato e grasso, anemia e immunosoppressione. I ricercatori ritengono che tali effetti siano legati a un basso livello di ormone tiroideo causato da danni al sistema nervoso centrale. Diversi virus animali utilizzano questo meccanismo per indurre obesità, suggerendo che virus umani simili potrebbero fare lo stesso.
Virus della malattia di Borna
Anche il virus della malattia di Borna, che infetta molti animali a sangue caldo, potrebbe causare obesità. In studi sui roditori, il virus provoca obesità attaccando il sistema nervoso centrale. L’effettivo coinvolgimento del virus negli esseri umani è dibattuto, ma alcuni studi lo associano a disturbi neuropsichiatrici come la depressione, la schizofrenia e il disturbo bipolare.
SMAM-1
Negli anni ’70, in India molti polli morirono per una malattia sconosciuta, poi identificata come causata da un adenovirus aviario chiamato SMAM-1. Questo virus riduceva le difese immunitarie dei polli e causava un aumento del grasso corporeo, indipendentemente dall’assunzione di cibo. Interessante è che l’aumento del grasso non sempre coincideva con un aumento di peso, poiché il virus induceva l’accumulo di grasso a spese della massa magra. SMAM-1 è stato il primo virus collegato all’obesità umana in uno studio che ha rilevato un aumento del peso corporeo e dell’indice di massa corporea nei partecipanti con anticorpi SMAM-1 rispetto a quelli senza. Non è chiaro, tuttavia, se questi soggetti avessero sviluppato anticorpi contro l’adenovirus aviario SMAM-1 o contro un virus simile che colpisce gli esseri umani.
Adenovirus umani
Con lo SMAM-1 come adenovirus animale che potrebbe indurre obesità nell’uomo, i ricercatori hanno ipotizzato un comportamento simile per gli adenovirus umani. Dei 51 adenovirus umani esistenti, tre hanno causato obesità negli animali e due no. Il più significativo è l’adenovirus-36, che ha indotto obesità nel numero maggiore di specie animali ed è il unico virus che sembra agire in questo modo negli esseri umani. Studi sui gemelli dimostrano che quello infettato pesa e ha più grasso del gemello sano. Il virus agisce sugli adipociti, rilasciando enzimi che aumentano l’accumulo di grasso e la formazione di cellule adipose. La scoperta dell’adenovirus-36 è avvenuta poco prima dell’escalation mondiale dei tassi di obesità. Inoltre, i test attuali per rilevare l’adenovirus-36 non sono molto precisi, suggerendo la possibilità che l’infezione sia più diffusa di quanto le statistiche indichino.
Trattamento dell’obesità infettiva
Uno degli obiettivi principali della ricerca sull’infettobesità è individuare strategie per trattare l’obesità mirando ai virus responsabili. Attualmente, sono in corso studi per individuare il miglior approccio per gestire questi virus e comprendere come i trattamenti possano influire sull’accumulo e sul deposito di grasso. In uno studio sui topi, un vaccino contro l’adenovirus-36 ha ridotto l’infiammazione, l’aumento di peso e l’accumulo di grasso legati all’infezione. Questo potrebbe rappresentare un passo avanti verso un vaccino umano contro l’obesità infettiva.